Il dott. Michele Canil, neuropsicologo e psicoterapeuta a Treviso e Vittorio Veneto, viene intervistato sulla sindrome di Hikikomori, o sindrome del ritiro sociale, per la rivista Bio Magazine in uscita a Febbraio 2020.
Il fenomeno è quasi sconosciuto, ma comporta, per chi ne è colpito, un completo isolamento dal mondo: la vita si svolge in totale solitudine in una stanza, la camera da letto, nella quale si legge, si disegna e si naviga su internet, unico mezzo di contatto con l'esterno.
La parola Hikikomori, dal giapponese, significa “tirare” e “ritirarsi”. Il termine fu coniato nel 1998 da Tamaki Saito, psichiatra giapponese, ed è ora utilizzato in Giappone per designare una sindrome psicologica in cui la persona che ne soffre sceglie di isolarsi dalla socialità. Si tratta di un disagio psicologico che presenta le seguenti caratteristiche: ritiro sociale totale (non parziale, ciò significa che la persona si isola completamente da tutto e da tutti) di sei o più mesi (anche anni) con annesso rifiuto di frequentare lavoro e scuola. Ovviamente, si può affermare che un individuo è affetto da questo disturbo dopo aver appurato che non soffra di altre patologie psicologiche che possano spiegarne i sintomi (es. schizofrenia o ritardo mentale).
In Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo questo disturbo viene denominato “depressione con ritiro sociale e comportamenti ossessivi” e, sebbene non sia riconosciuto come patologia vera e propria, è in ampia diffusione. Anche in Italia si assiste ad un notevole aumento di persone colpite.
Questo disagio, riconducibile alla depressione, purtroppo molto diffuso anche nel nostro Paese, si riconosce attraverso un iniziale abbandono di attrattiva nei confronti della vita con conseguente isolamento e ritiro dal proprio menage quotidiano (quindi, rifiuto nei confronti della scuola o del lavoro). Da questo ritiro sociale consegue spesso una dipendenza da internet in solitudine nella propria stanza. Anche il ritmo sonno-veglia ne risente fino a portare la persona ad avere giudizi inesistenti su se stessa e su tutto ciò che la circonda.
Le persone maggiormente affette da questo disturbo sembrano essere gli adolescenti: la spiegazione sta nel fatto che in questa delicata fase dello sviluppo ci si allontana dall'adulto per avvicinarsi alla socializzazione con le persone della propria fascia d'età; questo diventa al tempo stesso obiettivo ma anche fonte di ansia e preoccupazione per l'adolescente che quindi si isola dal mondo rinchiudendosi nella propria stanza, rinunciando così alla scuola, agli amici, alla socializzazione.
Inizialmente i ragazzi affetti da ritiro sociale provano dolore alla pancia o alla testa che non permette loro di uscire con i coetanei né di fare qualsiasi altra attività all'esterno delle mura casalinghe. Per i genitori è molto difficile comprendere la situazione e capire cosa fare per curare il disagio del figlio. In Italia non esistono statistiche sicure sul fenomeno del ritiro sociale; si parla di centomila ragazzi di età compresa tra i quattordici e i diciassette anni, per lo più di sesso maschile.
Anche la popolazione adulta può esserne colpita. Secondo alcune statistiche, si contano molti “reclusi sociali” anche tra le persone oltre i 40 anni.
Per sopperire a questa patologia, è importante accorgersi in tempo: per gli adolescenti ad esempio, è fondamentale che i genitori intervengano tempestivamente nel caso in cui il figlio manifesti questi disagi e si recluda eccessivamente. E' bene cioè non far trascorrere degli anni e rivolgersi ad uno specialista terapeuta di fiducia.
La causa di tale isolamento viene sovente ricondotta ad una bassa autostima, dalla quale deriva una certa insicurezza nei rapporti sociali. Anche un eccessivo legame di dipendenza con un genitore (sia madre che padre) può condurre alla sindrome del ritiro sociale, così come un rapporto molto negativo con uno o più familiari. La paura di tutto ciò che sta all'esterno del proprio nucleo familiare comporta un livello di esperienza troppo basso, contrastando la normale predisposizione dell'essere umano alla conoscenza e sperimentazione di se stesso.
Anche un carattere troppo sensibile ed introverso può causare difficoltà nella relazione con l'esterno.
Un altro fattore determinante è la scuola: il fatto di non essere in grado di stabilire relazioni, soprattutto per bambini e adolescenti, e quindi il non riuscire a gestire il rapporto con gli altri, può portare ad essere vittime di bullismo scatenando la necessità di reclusione sociale.
Certo, il progresso tecnologico dei nostri giorni non aiuta, anzi: aumenta la possibilità di isolamento poiché spinge a relazioni virtuali (anche se dobbiamo dire che per una persona affetta da questa sindrome, il mondo virtuale rimane l'unico contatto con il mondo esterno; se le togliamo anche questo, potrebbe essere rischioso e creare complicazioni). Detto questo, dobbiamo comunque affermare che la dipendenza da internet non costituisce la causa del ritiro sociale, bensì la conseguenza.
Come detto, internet non rappresenta una causa di ritiro sociale, ma ne diviene una conseguenza, l'unico contatto con il mondo esterno; un contatto però virtuale. Può esprimere l'esigenza di relazioni con l'esterno evitando di mettersi in mostra e quindi a disagio. E' bene specificare che però non tutti i ragazzi “reclusi sociali” trascorrono il loro tempo sul web. Bisogna dividere i cosiddetti “internet addicted”, coloro cioè che sono talmente coinvolti dalla loro realtà virtuale che si isolano in essa, dai “reclusi sociali” (o Hikikomori, per utilizzare il termine giapponese) per i quali navigare sul web è solo un modo per mantenere un rapporto con il mondo esterno. Ne deriva che i primi restano a casa perchè ossessionati dall'uso di tablet o cellulari (quindi, videogiochi, chat, social e via dicendo), diversamente dai secondi che invece utilizzando internet come rifugio da una realtà che rifiutano.
Appurato che alla base dei ritiro sociale di una persona vi è il rapporto con la famiglia, una volta definito il disagio, è importante rivolgersi ad uno specialista qualificato per intraprendere un percorso di psicoterapia individuale o di famiglia per individuare da dove scaturisce il disagio psicologico.
Spesso il ritiro sociale deriva da un senso di bassa autostima e di inadeguatezza che provoca ansia e disagio.
Nei casi più gravi l'Hikikomori può essere trattato con la prescrizione di farmaci antidepressivi.
Essendo questo fenomeno molto recente, è molto complicato definire un unico tipo di intervento necessario; questo va infatti individuato dallo psicoterapeuta in base alle peculiarità del paziente, va quindi cucito su misura.
Nel caso in cui si sospetti un Hikikomori, fondamentale è rivolgersi al proprio medico di fiducia che saprà consigliare uno specialista, disposto anche a proporre le prime visite a domicilio (qualora la persona da curare non voglia accettare di uscire di casa).
Dott. Michele Canil
Psicologo, Psicoterapeuta
Neuropsicologo, Ipnosi clinica
Terapeuta EMDR
Perfezionato in Psicofisiologia clinica, Genetica, Nutrizione.
Opera nelle città di Vittorio Veneto, Conegliano, Treviso.
Il dott. Canil si occupa da molti anni di diagnosi e cura della depressione a Treviso, Conegliano e Vittorio veneto. Oltre a ciò tratta molti disturbi psicosomatici, si occupa di cura dell’ansia e di attacchi di panico e molti altri tipi di disturbi. Opera in strutture ospedaliere ed in studio privato di Psicologia, Psicoterapia e Neuropsicologia.
Dr. Michele Canil
Psicoterapeuta Psicologo Treviso - Conegliano - Vittorio Veneto
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